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La storia di Cirò Marina di Mons. Antonino Terminelli

Cirò è un lembo di cielo caduto sulla terra; è il punto di incontro di civiltà diverse; è il centro, dove convergono misteriose armonie, che danno al paesaggio cirotano i motivi di un'alta poesia. (Mons. Antonino Terminelli)


In queste pagine che ci parleranno di Cirò e della sua vita dalle origini vedremo sfilare dinanzi alla nostra fantasia il tempo con i suoi uomini, le sue cose, i suoi secoli in un panorama immenso di ludi e colori, in uno sfondo di ombre e di mistero, con orizzonti sconfinati, che si perdono in una plvere di nebbia, in un albore di leggenda. Sentiremo le voci del passato, trasmesse da miti e favole, raccolte in tradizioni, fissate nel ricordo di leggende, di racconti e di storie.
Noi parleremo di cose, a noi care, di una realtà che è legata alla nostra vita; di una storia, che forma il nostro orgoglio; di un patrimonio di fede e di speranze, al quale siamo attaccati, come se fosse il tesoro più prezioso.

PUNTA ALICE "CRIMISA PROMONTORIUM"
Punta Alice è l'estremo punto del vastissimo "Sinus Tarentinus"; è la parte più avanzata nel mare del grande golfo di Taranto. Nell'antichità, per questa sua felice posizione, aveva una importanza molto rilevante per la navigazione.

Era un punto di approdo molto facile per chi veniva dall'Oriente e dalla Grecia e la distanza tra le due coste opposte, se il mare era propizio, poteva compiersi in meno di una giornata di navigazione.

Tra il promontorium Iapigium (Santa Maria di Leuca) ed il promontorium Cremisa (Punta Alice) si chiudeva una fascia litorale, che nella Magna Grecia ebbe splendore e gloria di primissimo piano. Taranto, Metaponto, Sibari, Thurio e Cremisa sono nomi che richiamano e racchiudono secoli di storia e di civiltà.

Una vita opulenta e fastosa - organizzata in modo da rispondere a tutte le esigenze e le istanze di un alto livello civile - caratterizzavano queste zone e queste contrade, che, ritornati più tardi luoghi desolati ed abbandonati, risplendonodi nuovo oggi e si preparano a ricevere ed ospitare le più avanzate correnti di un turismo nazionale ed internazionale.

Punta Alice è oggi un luogo di pace e di riposo: è un angolo di terra, dove si ascolta il leggero mormorio delle acque del risonante azzurro Ionio ed il sussurro soffice del fogliame del vicino bosco. La brezza marina, che scuote i rami e le foglie degli alberi verdeggianti, si trasforma in una musica, che accompagna e culla i sogni del solitario turista, che va in cerca di silenzi arcani e di solitudine.

CREMISSA
Quando si tenta di parlare di città, le cui origini si perdono negli albori della protostoria, leggende e storia s'intrecciano in racconti, in miti ed in episodi affascinanti, che conferiscono una bellezza straordinaria a questi luoghi, specie se bagnati dal glauco risonante Ionio ed illuminati da un sole terso e limpidissimo, sotto la volta di un cielo sempre azzurro, e ne esaltano l'incanto delle marine ed ii fascino delle loro verdeggianti colline, olezzanti e ricche di uliveti e di vigneti e costellate di profumati aranceti.

L'antica Cremissa è una microcittà della "Magna Graecia" e allo storico si presenta in una cornice di miti e di leggende. Le sue origini sono avvolte nel mistero, la sua storia si perde e si confonde in racconti leggendari, la stessa sua posizione geografica è - come dice il Prof. Paolo Orsi - "una incognita archeologica".

C'è chi sostiene che Cremissa, da cui poi sarebbe sorta Cirò, si adagiasse alle foci del Lipuda, un torrente a pochi chilometri da Punta Alice. Paolo Orsi nel suo studio magistrale sul tempio di Apollo non ha dubbi nell'affermare che "valide e molte ragioni ci fanno riconoscere in Cirò Superiore l'antica città Cremisa", ma altri studiosi sostengono che non è possibile stabilire precisamente dove sorgesse la piccola città.

Ma se il mistero copre di silenzio l'ubicazione della magna greca Cremisa, le sue origini si velano nell'ombre mitiche di misteriosi personaggi. Un fatto certo è che prima della colonizzazione ellenica già nel territorio di Cirò fioriva una civiltà.

L'apporto di questa cultura indigena esercitò in genere sui greci un influsso ed un fascino notevole, fino al punto che oggi quando si vuole parlare con precisione della Magna Grecia, si deve parlare di una civiltà greco-italica.

Quando la Cremissa, ricca di splendore e famosa per il suo santuario in onore di Apollo, diventerà un luogo celebre e celebrato, già in essa nella sua vita e nel sue costume, si sarà affermata in un modo mirabile quella decantata fusione tra gli elementi indigeni e gli elementi ellenici, che nella sua meravigliosa sintesi riporta sul palcoscenisco della storia un fenomeno culturale ed esistenziale, al quale impropriamente noi diamo il nome di civiltà della Magna Grecia.

L'elemento greco sui lidi italioti della calabria ha riacquistato grandezza, splendore e decoro fine al punto di affermarsi in una sintesi di tale originalità o spontaneità da differenziarsi, non solo in sfumature, dall'originaria cultura degli immigrati e da quella stessa degli indigeni.

Secondo Stefano di Bisanzio la Cremissa sarebbe stata una città fondata dagli Enotri ed ii nome di Krimissa deriverebbe dal nome della ninfa omonima. Gli Enotri erano bravi coltivatori di vigneti e quindi già sin dai tempi remoti in questa terra si srebbe introdotta e praticata la preziosa cultura della vite.

Il fatto che antichi autori si siano occupati di Cremissa sta ad indicare che essa dovette essere una città assai importante e famosa. E la sua importanza si deve non solo allapresenza del tempio in onore di Apollo, rinomato in tutti i circoli dell'antichità greca, ma soprattutto per la sua posizione geografica che permetteva di approdare in tutta la zona con molta facilit`, in quanto la Punta Alice, inserendosi nello Ionio, spezzava le correnti e i venti marini, sicchè mentre nel litorale destro prospiciente su mare aperto le onde potevano essere minacciose e pericolose, sul litorale sinistro, prospiciente sul golfo di Taranto, le onde erano calme e tranquille.

La vicinanza poi di Cremissa a Crotone creava tra le città vincoli di amicizia e di sudditanza, che si affermavano in patti di complementarietà e di sussidiarità e si confermavano in un sistema di flussi e di riflussi non solo sul campo economico e militare, ma soprattutto nei settori della cultura. Cremissa, che in un primo tempo politicamente subì l'influsso egemonico della grande Sibari, quando l'armata crotoniata, al comando di Milone ne distrusse la potenza e la grandezza, passò quasi per inerzia sotto l'influenza politica, economica emilitare di Crotone.

A Cremissa però, per quanto venisse riconosciuta un'autonomia di governo ed un'indipendenza nell'amministrazione della cosa pubblica, non venne mai concesso ii diritto di coniare monete. Cremissa non ebbe mai una zecca propria.

Il diritto monetario, nei popoli greci, era l'espressione di un governo autonomo inteso nel senso più completo della parola: un'autonomia, che sul piano concreto dei mercati e del commercio, si traduceva in una concorrenza egemonica tra città, che appunto nel potere d'acquisto e di diffusionedella loro moneta misuravano l'espansione del loro potere ed il raggio di azione della loro potenza.

Nelle esplorazioni archeologiche fatte a Cirò Marina furono trovate monete di Siracusa (25 pezzi) e di Crotone (34 pezzi), ma non una sola moneta che indicasse una coniazione da riferirsi alla Cremisa.

I testi contenuti in queste pagine sono stati tratti da "Cirò - dalle origini fino al secolo XVIII" di Antonino Terminelli - Lito Ferraro - Cirò Marina - Ottobre 1972.



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